sabato 18 luglio 2020

Sistemi di trattamento fumi senza canna fumaria ..


La sentenza, ribaltando completamente la precedente, TAR Lazio sez. II n°3303/2017, in estrema sintesi ritiene che l'attività commerciale non si trovasse nella condizione di violare alcuna normativa, in quanto non solo l'impianto di filtraggio attraverso carboni attivi è previsto dalle norme stesse (sebbene mediante approvazione) ma addirittura lo stesso impianto è da ritenersi migliorativo, in termini di inquinamento atmosferico, di un analogo sistema di espulsione composto da una semplice canna fumaria. A questa seconda affermazione, il Consiglio ci arriva facendo sue le considerazione dell'ente verificatore, l'I.S.P.R.A., appositamente nominato dal Collegio, che viene incaricato di effettuare una valutazione nella controversia. l'Istituto difatti specifica che, sebbene nel caso specifico l'impianto di filtraggio non fosse stato settato per funzionare nel modo ottimale, lo stesso garantiva comunque un abbattimento di fumi il quale, anche se non raggiunge i livelli ideali per via dell'errato settaggio, garantisce comunque un abbattimento che è superiore a quello che può fare una canna fumaria (la quale non effettua nessun filtraggio, e quindi "inquina" di più a prescindere).

Inoltre, viene citata nella controversia, a sostegno delle affermazioni dell'attività economica, che la Legge Regionale n°21/2006 espressamente prevede che gli esercizi che effettuano somministrazione possono captare ed evacuare i vapori ed i fumi anche con tecniche diverse dalla canna fumaria. Nei motivi del ricorso, i difensori dell'attività commerciale sollevano il dubbio che questa norma regionale abbia reso obsolete le indicazioni del regolamento di igiene, ma su questo punto in particolare il Consiglio non si pronuncia, ritenendo i motivi secondari di ricorso riassorbiti in quelli principali.

In sintesi quindi potremmo cautamente ritenere, alla luce di questa sentenza, che le attività di preparazione cibi caldi che operano con piastre scaldanti elettriche (o altri sistemi elettrici) possono legittimamente evacuare i fumi con sistemi filtranti, possibilmente pienamente efficienti e che scarichino direttamente in facciata e non necessariamente con i fumi convogliati fino in copertura in apposita canna fumaria; ciò anche alla luce del regolamento regionale 1/2009 attuativo della LR 21/06"
 

 

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. III, n. 46170 del 3 novembre 2016 offre l’occasione per ritornare su un argomento dibattuto in dottrina e mai affrontato sinora dalla giurisprudenza.

Si rammenta che la Legge 22 maggio 2015 n. 68[1] ha introdotto all’interno del Codice Penale il Titolo VI bis, rubricato “Dei delitti contro l’ambiente”.

Al suo interno il nuovo art. 452-bis c.p. disciplina il reato di “Inquinamento ambientale” disponendo che, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000, chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.