giovedì 28 gennaio 2021

Cappa ai carboni attivi, normativa

Cappa ai carboni attivi, normativa

Come funziona una cappa filtrante senza canna fumaria.

Cappa ai carboni attivi, normativa. Cappa ARTURO

Capita che alcuni edifici siano sprovvisti del condotto per la dispersione dei fumi della cucina, per mancanza di spazio o per delle particolarità legate alla morfologia dell’abitazione. In questo caso è possibile installare sistemi di trattamento assoluti o cosiddetti “cappa senza canna fumaria, una cappa filtrante, o anche a cappa a ricircolo”.

 


Come suggerisce il suo nome, la cappa filtrante si limita a prelevare l’aria dell’ambiente e a filtrarla ma in maniera non molto efficace, mediante appositi filtri purificanti G1, G3, che la ripuliscono dalle particelle di sporco grossolane . La cappa a ricircolo anziché convogliare l’aria verso l’esterno, la restituisce all’ambiente dopo averla purificata, per fare questo deve declassificarla in EAH2, cioè deve filtrarlo dalle particelle pm/2,5 e pm1, e questo avviene solo tramite la cappa Arturo, che è ad oggi l'unico sistema di trattamento certificato e garantito.

Questo sistema che per comodità è stato chiamato CAPPA ARTURO rispetta le normative in merito. La norma generale di riferimento per l’evacuazione dei vapori di cottura è la UNI7129 (parti 2 e 3) la quale, già dalla sua versione del 2008, fornisce le definizioni e i principi prescrittivi tutt’oggi in vigore. Con il termine vapori di cottura essa intende l’insieme dei prodotti della combustione e dei vapori/esalazioni risultanti dalla cottura dei cibi.  

Questa cappa in ambito non residenziale, fa particolare attenzione, oltre al trattamento dei vapori anche al trattamento degli odori emessi dai locali di cottura in base alla norma UNI 13779. Bisogna tenere conto che l’impianto della cucina deve rispettare le normative della salubrità dei locali secondo la norma unitamente alla UNI 15251.

Secondo la classificazione UNI 13779 delle emissioni in atmosfera tali sistemi si ritengono utilizzabili con scarico diretto a parete solo se l’emissione derivante dalla cottura risulta declassificata da EHA4 adEHA2.

 Normativa

- Piani di cottura – 

Si fa riferimento  alle disposizioni contenute  nella UNI 7129-3:2015 la quale al punto 4.1 – Apparecchi di cottura - stabilisce che  i prodotti della combustione vanno convogliati nel tetto; nell’impossibilità dello scarico nel tetto é concesso lo scarico a  parete nel rispetto delle distanze indicate nel punto 4.4.4 con particolare attenzione  ai limiti previsti  nel punto 6 della norma di cui sopra; con una sentenza n. 10337 del 17 ottobre 2016, il TAR del Lazio annulla (previa sospensiva), una determina dirigenziale dell’Avvocatura del comune di Roma che imponeva l’ordine di cessazione dell’attività di cucina svolta da un locale per mancanza di canna fumaria

 

 

 

domenica 10 gennaio 2021

Come funziona una cappa filtrante senza canna fumaria.

Come funziona una cappa filtrante senza canna fumaria.

Cappa ai carboni attivi ARTURO

Capita che alcuni edifici siano sprovvisti del condotto per la dispersione dei fumi della cucina, per mancanza di spazio o per delle particolarità legate alla morfologia dell’abitazione. In questo caso è impossibile installare sistemi di trattamento assoluti o cosiddetti “cappa senza canna fumaria, una cappa filtrante, o anche a cappa a ricircolo”.

Come suggerisce il suo nome, la cappa filtrante si limita a prelevare l’aria dell’ambiente e a filtrarla ma in maniera non molto efficace, mediante appositi filtri purificanti G1, G3, che la ripuliscono dalle particelle di sporco grossolane . La cappa a ricircolo, anziché convogliare l’aria verso l’esterno la restituisce all’ambiente dopo averla purificata, per fare questo deve declassificarla in EAH2, cioè deve filtrarlo dalle particelle pm/2,5 e pm1, e questo avviene solo tramite la cappa Arturo, che è ad oggi l'unico sistema di trattamento certificato e garantito.

Questo sistema che per comodità è stato chiamato CAPPA ARTURO e rispetta le normative in merito. La norma generale di riferimento per l'evacuazione dei vapori di cottura è la UNI7129 (parti 2 e 3) la quale, già dalla sua versione del 2008, fornisce le definizioni e i principi prescrittivi tutt’oggi in vigore. Con il termine "vapori di cottura" essa intende l’insieme dei prodotti della combustione e dei vapori/esalazioni risultanti dalla cottura dei cibi.   

Questa cappa in ambito non residenziale fa particolare attenzione, oltre al trattamento dei vapori, anche al trattamento degli odori emessi dai locali di cottura in base alla norma UNI 13779. Bisogna tenere conto che l’impianto della cucina deve rispettare le normative della salubrità dei locali secondo la norma unitamente alla UNI 15251.

Secondo la classificazione UNI 13779 delle emissioni in atmosfera tali sistemi si ritengono utilizzabili con scarico diretto a parete solo se l’emissione derivante dalla cottura risulta declassificata da EHA4 ad EHA2.


 

sabato 18 luglio 2020

Sistemi di trattamento fumi senza canna fumaria ..


La sentenza, ribaltando completamente la precedente, TAR Lazio sez. II n°3303/2017, in estrema sintesi ritiene che l'attività commerciale non si trovasse nella condizione di violare alcuna normativa, in quanto non solo l'impianto di filtraggio attraverso carboni attivi è previsto dalle norme stesse (sebbene mediante approvazione) ma addirittura lo stesso impianto è da ritenersi migliorativo, in termini di inquinamento atmosferico, di un analogo sistema di espulsione composto da una semplice canna fumaria. A questa seconda affermazione, il Consiglio ci arriva facendo sue le considerazione dell'ente verificatore, l'I.S.P.R.A., appositamente nominato dal Collegio, che viene incaricato di effettuare una valutazione nella controversia. l'Istituto difatti specifica che, sebbene nel caso specifico l'impianto di filtraggio non fosse stato settato per funzionare nel modo ottimale, lo stesso garantiva comunque un abbattimento di fumi il quale, anche se non raggiunge i livelli ideali per via dell'errato settaggio, garantisce comunque un abbattimento che è superiore a quello che può fare una canna fumaria (la quale non effettua nessun filtraggio, e quindi "inquina" di più a prescindere).

Inoltre, viene citata nella controversia, a sostegno delle affermazioni dell'attività economica, che la Legge Regionale n°21/2006 espressamente prevede che gli esercizi che effettuano somministrazione possono captare ed evacuare i vapori ed i fumi anche con tecniche diverse dalla canna fumaria. Nei motivi del ricorso, i difensori dell'attività commerciale sollevano il dubbio che questa norma regionale abbia reso obsolete le indicazioni del regolamento di igiene, ma su questo punto in particolare il Consiglio non si pronuncia, ritenendo i motivi secondari di ricorso riassorbiti in quelli principali.

In sintesi quindi potremmo cautamente ritenere, alla luce di questa sentenza, che le attività di preparazione cibi caldi che operano con piastre scaldanti elettriche (o altri sistemi elettrici) possono legittimamente evacuare i fumi con sistemi filtranti, possibilmente pienamente efficienti e che scarichino direttamente in facciata e non necessariamente con i fumi convogliati fino in copertura in apposita canna fumaria; ciò anche alla luce del regolamento regionale 1/2009 attuativo della LR 21/06"
 

 

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. III, n. 46170 del 3 novembre 2016 offre l’occasione per ritornare su un argomento dibattuto in dottrina e mai affrontato sinora dalla giurisprudenza.

Si rammenta che la Legge 22 maggio 2015 n. 68[1] ha introdotto all’interno del Codice Penale il Titolo VI bis, rubricato “Dei delitti contro l’ambiente”.

Al suo interno il nuovo art. 452-bis c.p. disciplina il reato di “Inquinamento ambientale” disponendo che, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000, chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. 

martedì 24 dicembre 2019

Dlgs_152_06_TestoUnicoAmbientale.pdf ART. 108 (scarichi di sostanze pericolose)

AGGIORNAMENTO (10) Il D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 ha disposto (con l'art. 2, comma 19) che, per effetto dell'abrogazione dell'art. 182, commi 6 e 8, l'art. 107, comma 3, e' cosi' sostituito "3. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura.". ART. 108 (scarichi di sostanze pericolose).

1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.


 

 2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente, in sede di rilascio dell'autorizzazione fissa nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per la compre senza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

 3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto. Suddette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. 

 4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante, e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. 


 

5. Per le acque reflue industriali, contenenti le sostanze della Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato, secondo quanto previsto, dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali, contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5, siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Come nel caso dell'articolo 124, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di e missione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue. 


 

6. L'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.

domenica 28 aprile 2019

Centralina ai Carboni Attivi


Le centraline di trattamento d'aria a Carboni Attivi sono delle unità di aspirazione e di trattamento, composti da una unità filtrante e da una unità aspirante che di solito è posizionata nello stesso corpo della unità filtrante. L'unità filtrante può essere montata anche prima o addirittura distante da unità filtrante, quindi servono ad effettuare l'aspirazione ma al contempo anche a trattare i fumi contenenti inquinanti, oli, odori….
L’aria contenente grassi e odori entra in centralina e viene filtrata, eliminando il microparticolato, facendola uscire depurata in percentuali diverse dalla tipologia di filtri e dal carbone attivo utilizzato.
Queste centraline sono equipaggiate di una maggiore quantità di carbone rispetto a quello contenuto nei filtri piani delle Cappe a Carboni Attivi, questo permette alle Centraline a Carboni Attivi di poter trattare una maggior portata d'aria e di abbatterne gli odori in una quantità superiore contro i filtri in pail e carbone posti a bordo cappa.

Analizziamo queste centraline ai carboni attivi
-         Normalmente le centraline hanno un sistema di filtrazione del tipo G2 o G4 o tutti e due in successione dopodiché viene montata la piastra con le cartuccia ai carboni attivi e dopo, il motore monofase o trifase.
https://www.etcgroupsrl.com/

-           
-          La centralina con motori monofase non riescono a trattare più del 50% e per di più, sono soggette all' intasamento del carbone attivo molto velocemente (nel giro di 4-6 mesi).  Inoltre il motore monofase non è in grado di aspirare l’aria per causa del strozzamento che esercita il filtro G4 con caduta di pressione iniziale di 80 pascal - max. 200 pascal (nel giro di 1-2 mesi) e il carbone attivo con caduta di pressione iniziale 200-280 pascal.  In termini tecnici va azzerare la portata d’aria del motore, e in pratica una centralina da 3000mc/h dichiarata può fare all'inizio del suo funzionamento non più di 1800mc/h .
Le centraline con motori cinghiati trifase (esempio 9/9 con motore da 1,1 kw) possono arrivare a una aspirazione di 3000mc/h con prevalenza 600 pascal, con l'utilizzo del filtro medio del tipo F8 (non di meno) così da aggiungere altri 100 pascal di strozzamento. Hanno delle caratteristiche per un trattamento di 3000mc/h con una percentuale iniziale non superiore al 75% .
Non si possono considerare centraline ai carboni attivi, le centraline che non montano almeno un filtro G4 e un filtro F8 oltre al carbone attivo di qualità normalmente utilizzano un kg di carbone per trattare 110 mc/h  (e una quantità bassa di carbone attivo per una portata d’aria così elevata )e dei motori con almeno prevalenza di 300 pascal superiori al quello perso nella centralina. 
https://www.etcgroupsrl.com/